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Serie A. Da sogno a realtà.

Tet Corporation è in Serie A.
Sono d'accordo con voi che questa notizia non interessa a nessuno, ma permettetemi di raccontarvi come sono andate realmente le cose da quando la squadra fu fondata al giorno della promozione in A.

Non vi sto offrendo una scheda tecnica della storia del club, ma una favola
raccontanta da chi l'ha vissuta. Perché Hattrick è anche questo.
Temo che molte citazioni e riferimenti non siano comprensibilii, sarò lieto di discuterne con voi dopo la lettura, nel salotto di Hattrick davanti ad un buon tè.

Serie A. Da sogno a realtà.

Dopo una cavalcata durata 10 stagioni il Ka-Tet di Gilead realizza il sogno di una vita.
Una storia che sembra una favola. Una realtà che sembra un sogno.

26 stagioni fa la squadra fu fondata con lo scopo di raggiungere la Serie A ma dopo solo 10 stagioni il club, arrivato con fatica in V serie, fallì, o meglio fu abbandonato al suo destino.

Nella stagione 52 giunsero forze fresche dal Medio Mondo per far rinascere dalle proprie ceneri la squadra di Gilead.
Il campionato in corso era ormai già scritto e la squadra riuscì ad aggiudicarsi il secondo posto in X serie e la qualificazione automatica in IX.

Con tre campionati consecutivi vinti in IX, VIII e VII approdò finalmente in una serie abbastanza impegnativa dove riuscì a conquistare solo un secondo posto, l’unico dell’era moderna (eccezion fatta per quella X serie dove il Ka-Tet era ancora dormiente).
La stagione successiva si aggiudicò il titolo lasciandosi alle spalle anche la squadra che l’anno prima all’ultima giornata vinse il campionato perdendo poi lo spareggio promozione.
Con la coccarda della VI serie in bacheca Tet Corporation si preparava a combattere in V serie, precedentemente mai superata e rinomata per il temuto “tappo” tra squadre di V e IV serie.

Capì subito che i giochi erano cambiati.
Trovò sette squadre preparatissime molte delle quali pronte a darsi battaglia per l’ennesima volta.
Sembrava il banco di prova definitivo, l’esame di maturità per capire il reale valore della squadra, invece si dimostrò un facile test d’ingresso tra i grandi.
Il potenziale della squadra non era in discussione, ma le tredici vittorie e il solo pareggio furono frutto di un random che chiunque vorrebbe avere dalla propria parte sfregando morbosamente la propria monetina da un centesimo sul biglietto gratta e vinci: vittoria quando si deve vincere, vittoria quando si deve perdere.
E conquista di quella V serie che da spauracchio rischiava di diventare superbia per le menti deboli.

La IV serie si rivelò il vero primo esame tra i professionisti.
Un gioco maschio, tattico, psicologico.
Cinque squadre da paura con manager tecnicamente preparati in grado di costruire squadre da fare accapponare la pelle. Purtroppo o per fortuna due di queste scelsero di retrocedere, così da cinque rimasero in tre e dunque la salvezza, obiettivo minimo, era facilmente raggiungibile.

Nonostante i fatti citati, l’esperienza della serie precedente era servita a crescere e grazie anche al tocco magico chiamato semplicemente random la squadra raggiunse un sudatissimo primo posto, concludendo la stagione come un pugile che ha battuto il suo avversario, ma uscendo dal ring con le ossa rotte.

Ma non era tempo di cure perché il primo posto non garantiva il passaggio in III serie, un altro pugile doveva essere affrontato.
Allo spareggio, nonostante l’apparente svantaggio dovuto al fattore campo la squadra si dimostrò all’altezza dell’avversario. Quest’ultimo, in ricostruzione societaria, cadde al quarto round uscendo a testa alta. (Le grida di Mr. Bonneville e l’odiato giornalista echeggiano ancora tra gli anelli dello stadio).

Superata la IV serie, Tet Corporation cadde dalla padella alla brace, perché la III che li attendeva era una di quelle che non lasciano sopravvissuti.
C’erano squadre che tentavano il grande salto in II da diverso tempo, altre stabili che non avevano intenzione di lasciare briciole a nessuno ma anche avversari amici di vecchia data, di un’era perduta, prima che il mondo andasse avanti.

Insomma, il Ka-Tet di Gilead era finito in un piccolo inferno dove tutti erano pronti a depositate le spoglie dei nemici in un sepolcro che di santo non aveva niente. Un luogo lasciato ai lupi, ai criminali, dove anche gli impavidi nani delle case basse andrebbero mal volentieri.
Ma se questa era l’unica strada verso la cima della torre, allora è da qui che il Ka-Tet sarebbe dovuto riuscire a passare.

Fu un campionato durissimo, una squadra non aveva il passo atletico per stare dietro alle altre e si arrese subito ma le restanti sette si scontrarono fino alla fine. Il rosso sangue sgorgava dai lupi caduti, l’ultima infernale battaglia fu vinta e i gufi furono rispediti al proprio nido.

Con la vittoria del campionato Tet Corporation salì in paradiso ma fu rispedita immediatamente nel cuore dell’inferno, era infatti la peggiore II serie dove potesse capitare. Il campionato definitivo.
Duro, equilibrato, smisurato.

I pronostici erano impossibili ed inutili. Colpo su colpo, sabato su sabato, ci si sarebbe aspettati un verdetto, invece si è dovuto aspettare fino all’ultima giornata, l’ultima partita, l’ultimo quarto d’ora, gli ultimi istanti per sapere chi si sarebbe seduto davanti al Diavolo e chi sarebbe stato elevato al cielo.

A grande richiesta degli abitanti di Gilead il presidente preferì non consumare la fortuna al sali e tabacchi ma usare tutte le sue risorse per la società, fu così che dopo IV e III, la Dea bendata, nel frattempo nominata presidentessa onoraria, scrisse anche II serie, nell’albo d’oro della società.
Si sa, la fortuna aiuta gli audaci. E tra i tanti valori che Roland aveva trasmesso alla squadra c’era anche quello. Only the brave. Solo i coraggiosi arrivano dove gli angeli non osano spingersi.

Rimaneva soltanto l’ultimo guardiano della torre.
Nove piani erano stati superati, l’ultimo grande avversario era l’unico baluardo che separava il Ka-Tet hattrickiano dalla cima.
La sfida sembrava impossibile, resa o morte, sembravano le uniche alternative.
Ma come disse il saggio: “I sogni sono risposte a domande che non siamo ancora in grado di formulare”.
Non è tuttora chiaro cosa volesse dire, ma il Ka-Tet di Gilead sapeva che la speranza è l’ultima a morire, sapeva che le gambe non potevano niente se non supportate dal cuore e non guidate dalla ragione.

Mancava una settimana esatta al fatidico giorno, troppo poco per lavorare sul fisico ma tanto per lavorare sulla mente. Per questo motivo l’allenatore Xulián Balut unì tutta la società in un enorme cerchio nel campo di gioco del proprio stadio e uniti in un altisonante e memorabile grido urlarono al cielo: “We Want to Believe!”

Impose poi ai suoi ragazzi di ripeterselo durante ogni azione nel corso della giornata:
“I Want to Believe!” appena svegli.
“I Want to Believe!” per colazione.
“I Want to Believe!” durante l’allenamento.
“I Want to Believe! I Want to Believe! I Want to Believe!”
C’era chi avrebbe preferito non separarsi mai dalla palla al grido: “il pallone è il mio migliore amico” ma l’idea fu bocciata subito.

Sarà stato l’effetto placebo, sarà stata l’adrenalina, saranno state le medicine rifilate ai giocatori di nascosto, ma il gruppo arrivò alla partita da tutto o niente in condizioni psicologicamente perfette, pronto a sputare sangue per raggiungere la cima della torre, la Serie A tanto desiderata all’inizio di questa avventura.

Il mister X.B. dichiarò nel pre partita: “We want to follow a dream, yes it’s true. But one thing is to follow a dream, another thing is to follow an obsession. A dream is more pure than an obsession. A dream is about pride. And this is not an obsession it’s just a dream. We have the dream to play in Serie A. The players will be very very proud to play with scricciolo, zagor and all others big managers. We Want to Believe!”

Fu querelato per plagio da J.M. e F.M. ma aveva altro a cui pensare. Era la partita che avrebbe fatto decollare la sua carriera da allenatore di provincia ad allenatore di massima serie. Dalle stalle alle stelle.

Sabato, ore 12.00. Giornata uggiosa al Filomusi Guelfi Stadium.
75214 spettatori erano bombe pronte ad esplodere.
Cori e tamburi fecero tremare lo stadio come se fosse fatto di cartapesta.
La squadra di casa, Campo a mare, dominò la partita ma a differenza di un campo di battaglia dove qualunque fortezza sarebbe caduta per mano degli avversari, inspiegabilmente le difese di Tet Corporation riuscirono a respingere gli oppositori.
Come ci si aspettava risultò una sfida all’ultimo sangue, ogni goal pesava come un eroe caduto in battaglia.
Nei 90 minuti di gioco non uscì un vincitore e così lo stadio, i tifosi ed i media si preparavano ai supplementari dopo un 3-3 sconsigliato ai deboli di cuore.

Siete liberi di non crederci, ma è qui che dietro Bohuslav Fajnor, attaccante numero 10 dei bianco verdi, apparve come uno spirito guida Roland Deschain di Gilead e come un talismano magico guidò Bohuslav e tutto il Ka-Tet al goal che valse la vittoria finale. 4-3. Partita finita. Strette di mano e lacrime accompagnarono gli applausi dei tifosi verso i propri beniamini.

È qui che la favola diventa storia. Che il sogno diventa realtà.
Così come Childe Roland alla Torre Nera giunse, il Ka-Tet di Gilead conquistò la Serie A.

Nota degli Editors: e questo dimostra che per arrivare in serie A ci vuol anche un po' di follia. Vi è piaciuto il racconto dell'epica scalata? Venite a raccontarcelo sul forum (16984900.1)!

2016-06-18 10:09:49, 1505 views

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