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[SpotligHT] NT: l’ultimo giro prima della storica vittoria

Sono passati in fretta questi mesi del secondo mandato di walterformica. Come ogni mandato l’inizio è il lungo ed estenuante girone di qualificazione, un percorso di tre mesi, una maratona di 14 gare prima del Mondiale vero e proprio, l’edizione XXVI che si è svolta in Guatemala. Qui le gambe del maratoneta devono lasciare spazio alla forza, alla resistenza e alla velocità in una gara che a volte scorre lenta ma che ha un finale rapido ed inesorabile. Dunque dove eravamo rimasti? Avevamo lasciato l’Italia sulla scaletta dell’aereo per il Guatemala e adesso potete leggere il racconto sull’ardita spedizione azzurra. Il finale forse lo conoscete tutti ma non si vuol far mancare nessun pezzo di questo storico, splendido mosaico che rimarrà nella storia della comunità italiana di Hattrick. Il primo alloro mondiale è già nella bacheca azzurra e ci resterà per sempre; quello che non ricordate (o non ricorderete) lo potrete trovare (o ritrovare) sempre qui.

Se fosse una gara di siepi, la fase dei Mondiali dopo la qualificazione è il classico ultimo giro dopo una gara di fatica e resistenza, tra ostacoli, inciampi e scivolate nelle vasche della riviera. Era Febbraio quando ai blocchi di partenza si presentavano le squadre nazionali con tutto il carico di tensione delle grandi intente a non concedere troppi metri agli “underdogs” le meno quotate nazionali minori che spesso impongono, nelle prime fasi della competizione, un ritmo che di tanto in tanto spezza il fiato a più di qualche blasonato corridore (chiedete alla Russia, vicecampione in carica, schiantatasi contro il reef maldiviano). Dei primi giri di questa lunga gara, forse conoscerete già la dinamica degli eventi, quando l’Italia cercava di tenere le posizioni di testa per affrontare al meglio i giri successivi, i giri che fanno selezione, quelli che cominciano a mietere qualche vittima illustre. I giri della selezione (o Round II se preferite), è il primo turno a giocarsi nel paese ospitante la competizione mondiale. Non sappiamo bene quali alchimie determinano i sorteggi delle fasi successive alla prima. Certo è che la mano informatica che ha estratto i bussolotti non è stata più fortunata di quella del girone che vide l’Italia di Bearzot affrontare il Brasile e l’Argentina. Il responso dell’urna poche ore dopo una faticosa e meritata qualificazione parlava chiaro: Spagna, Polonia, Germania da affrontare in questo rigoroso ordine. Se gli iberici condividono con l’Italia il triste destino di non essere riusciti a far posto nella bacheca al trofeo più prestigioso, è pur vero che siano riusciti a collezionare un numero di piazzamenti considerevole; i polacchi invece hanno provato l’ebbrezza della vittoria e venivano da un piazzamento nello scorso mondiale; i tedeschi infine si sono seduti per ben due volte al banchetto di benevoli déi, bevendo l’idromele dell'inebriante vittoria e nella scorsa edizione ci avevano sgambettato negandoci la gioia di lasciare il torneo con una minima soddisfazione.
Insomma, le premesse erano delle peggiori. Forse sgomitare nel gruppo dei migliori non sarebbe bastato per approcciare gli ultimi giri nelle posizioni di testa. La beffa per il walterformica/bis era cosa annunciata: la nuvoletta dell’impiegato già tuonava all’orizzonte, il pessimismo serpeggiava anche tra le pieghe dello staff italiano e l’unico costretto a crederci, per ruolo, beata ignoranza ed incapacità di soppesare la realtà era proprio il ct. L’Italia secondo i più prudenti esperti era destinata al cucchiaio di legno come nel mondiale francese quando lasciammo la competizione al terzo turno con zero punti e tanti schiaffi al passivo.
L’Italia era ad un bivio: uscire con onore seppellendo ogni sentimento di revenche del ct, oppure provare a giocarsela lanciando i dadi del giuoco verde, confidando che l’azzardo riuscisse.
La seconda strada era rischiosa ma d’altronde non c’era nulla da perdere. E in effetti l’Italia non ha perso nulla: tre vittorie esaltanti hanno corroborato e rilanciato le ambizioni della squadra azzurra, vincendo un girone che alla vigilia non sembrava potesse apparire di così facile gestione. L‘esordio contro le furie rosse, rischiando subito una mossa per alzare il TS (Spirito di squadra), si è rivelata la scelta vincente: in una partita dominata dagli azzurri, con folate di esaltazione degne della tradizione italica, la schiena del toro spagnolo, caduto nella trappola dell’arena azzurra dove si rilanciava in cariche di contropiede, è stata trafitta dalle due banderillas dei giocatori italiani che hanno così bagnato il loro esordio con una vittoria convincente. La seconda gara contro i polacchi, anch’essi vittoriosi all’esordio, forse risultava essere ancor più difficile: una vittoria avrebbe spalancato le porte del paradiso, una sconfitta al contrario avrebbe complicato non poco il discorso qualificazione. Il dilemma sul TS in un girone di ferro è l’incognita in più, la più difficile da risolvere, che pende nelle equazioni ingarbugliatissime dei già complicati calcoli di formazione, giocatori, atteggiamento tattico e cambi. Mettendo in crisi i canoni della tradizione, il ct walterformica si è messo alla lavagna e ha tirato fuori una formula che riecheggerà nella storia del suo mandato. Travolgendo le esitazioni dei più illustri professori, walterstein scrive la sua formula per risolvere l’equazione: PIN²= R3. Tradotto: PIN alla seconda equivale al Round 3 (PIN= Play It Normal). Una formula che ha sorpreso soprattutto i polacchi, ancorati alle equazioni classiche di conservazione del TS per vedere come vanno le cose ed affrontare la terza partita con più pallottole nella fondina. Quella che si rivela essere la scelta tradizionale però soccombe sotto l’onda d’urto degli scatenati azzurri: i gol sono tre, nessuno al passivo in due partite, l’urna del Round 3 aggiunge un bussolotto, con un turno d’anticipo, con all’interno un foglio su cui è scritto: Italia! Un azzardo felice che premia il coraggio della nostra nazionale. La terza partita del gruppo contro i tedeschi aveva così un solo significato, quello di determinare chi avrebbe vinto il girone, e due obiettivi cioè conservazione di TS e fiducia per affrontare al meglio il Round appena conquistato. Inoltre c’era da vendicare l’ultimo incrocio contro i tedeschi nel precedente mondiale quando ci sconfissero decretando la nostra uscita. Nonostante la tranquillità della posizione raggiunta, l’Italia si presentava alla gara con la preoccupazione di non subire un’imbarcata. La scelta del team italiano è ricaduta dunque sulla più letale delle combinazioni, un patrimonio tattico tipico della più coriacea resistenza da trincea per respingere le divisioni tedesche affamate di vittoria. Di fronte al contropiede le forze tedesche si sono infrante, sgretolandosi e con loro le speranze di tentare un’inutile impresa. L’eroe del Round 2, sempre a segno nelle tre gare, il sardo Buonfantino incideva l’epitaffio sulla lapide della squadra degli Alemanni, prima di lasciare il campo per un infortunio, il più doloroso degli infortuni che attenta alla virilità ma cionnondimeno la sua aurea di “uomo” della settimana non veniva scalfita.

Ed eccoci giunti al Round 3, agli ultimi strappi, quelli che furono fatali nello scorso mondiale. Rispetto al passato, quando l’Italia provava a scattare per rimanere agganciata alla corsa fiaccando però la sua resistenza, la nazionale questa volta ci arriva con un passo da keniota pronta a sgomitare tra i migliori, come una delle più serie pretendenti ai gradini del podio. Tuttavia rimanere in corsa in questo scampolo di gara è sempre una questione complicata: le insidie sono ad ogni angolo, gli ultimi ostacoli sono difficili tanto quelli già superati e che vanno ancora una volta scavalcati, quando una scivolata può attardare in modo irrecuperabile. Il Round 3 sembra però aver restituito all’Italia un po’ di quiete rispetto al girone di ferro precedente: l’Italia tra Danimarca, Scozia e Bielorussia appare decisamente la formazione da battere, nonostante le qualità da incursori delle citate nazionali che forse non sono i migliori concorrenti di una gara podistica, ma a questo punto del torneo nessuno risparmia la gamba, soprattutto quando si avvicina il suono della campana dell’ultimo giro. Una distrazione in piena corsa poteva essere fatale, ma l’Italia è riuscita a scrollarsi di dosso qualsiasi resistenza opposta strenuamente dagli avversari: ancora tre vittorie e per gli avversari (non per tutti) la soddisfazione del gol della bandiera per rendere meno amaro il loro passivo. È suonata la campana dell’ultimo giro: l’Italia approda agli ultimi metri della gara, nel Round 4, come una squadra di invincibili. La sapienza tattica, l’attenzione ai dettagli, il calcolo di una qualsiasi eventualità che la casualità può iniettare nel perfido motore di gioco, tutto viene analizzato, smembrato e ricostruito dallo staff, mettendo nelle gambe dell’Italia una dose di resistenza che avrebbe fatto comodo a Dorando Pietri.
Le insidie degli ultimi metri sono dovuti anche alla velocità vorticosa che si deve sopportare: nel breve corso di due settimane il nome del vincitore emerge prepotentemente, senza lasciare dubbi e speranze a chi cede il passo.
La voglia dell’Italia di fare meglio del mondiale francese però era talmente forte che nessuna resistenza poteva opporsi all’esuberanza italica. Ne hanno fatte le spese l’Irlanda, regolata in maniera netta, e i ritrovati bielorussi che subiscono la seconda sconfitta in pochi giorni. L’ultima gara a semifinale ottenuta, contro l’Ungheria, si conclude con l’unica macchia di una cavalcata irresistibile: una sconfitta da vendicare a tempo debito.
Si intravede il filo di lana, il podio con le medaglie è già nel carniere. Tra la scalata al gradino più alto del podio si interpone la Repubblica Ceca, arrivata un po’ col fiato corto nella volata per l’oro. La semifinale è tiratissima: l’ottimismo della vigilia viene pian piano scalfito dalla strenua resistenza ceca, che con ardore e sapienza tattica, fermavano tutte le occasioni che si materializzano per gli azzurri. Per restare in metafora è stato come vedere due corridori affiancarsi per un tratto interminabile, quando agli scatti per scrollarsi definitivamente di dosso lo scomodo concorrente, l’altro rispondeva con altrettanta vigoria insidiando nella psiche il dubbio di non potercela fare. Alla fine però arriva lo scatto decisivo: sul finale della gara uno Special Event atteso come la pioggia nella stagione secca nelle piane africane, sgretola come un mattone di argilla le gambe dell’avversario che parevano di acciaio temprato.
È finale! La seconda in tre mondiali. Un colpo di testa segna sull’agenda della storia l’appuntamento con gli azzurri, l'Italia ritrova l'Ungheria. Gli ultimi metri vedono le gambe italiane toniche e leggere, mentre gli ungheresi arrivano all’appuntamento dopo aver strapazzato il Cile, ma avendo imposto un ritmo insostenibile, richiamando così nelle gambe tutte le scorie dell’acido lattico in eccesso.
Tutti conosciamo la storia di Davide e Golia, ma il Davide ungherese appare di fronte al gigante italiano sfornito anche del frombolo. Questa volta la storia prenderà una piega diversa...
Ore 20 di una domenica sera italiana su cui insiste l’ultima calura estiva.
In Guatemala è tutto pronto per la festa, ma già nei primi minuti gli ungheresi minacciano guerriglia ed imboscate. Qualche spia, agevolata dalle fughe di notizie di una poco specificata intelligence non proprio intelligente, lancia nel Forum italiano un’ informazione degna dei migliori (o, per alcuni, peggiori) forum specializzati in spoiler: l’Italia è campione del Mondo per la prima volta, e senza giocare! Tra l’incredulità di tutti e scaramanzie ormai prive di ogni fondamento, si assiste ad una partita che di storico ha solo l’incredibile situazione che si viene a creare: cambi, desaparecidos, gol. È tutto vero, l’Italia dopo un assedio medievale, scaglia fiondate verso l’area avversaria. Catapulte, balestre e frecce invadono la roccaforte nemica destinata a crollare con l'ariete travestita da penalty che da il via alla rimonta azzurra. Alla fine è 4-2 per gli azzurri. Quella che sembrava la tartaruga walterformica improvvisamente si veste splendidamente con i vessilli del piè veloce Achille e vola a strappare il filo di lana che lo iscrive di diritto nella storia della comunità italiana. La Fortuna, quella bifronte deità che può guardare ora con volto benevolo ed ora girarsi e guardare maligna e beffarda ha deciso così: Italia campione del Mondo. Sarà una lunga notte di festeggiamenti ed di inebriante gioia.
Questo storico Mondiale è per tutti voi che siete stati avvinti da questa magnifica corsa, per tutti coloro che hanno aspettato questo momento, per chi questo momento non ha potuto vederlo ma ha potuto viverlo grazie a noi. Godiamo insieme, finalmente possiamo urlarlo: siamo CAMPIONI DEL MONDO!

2017-08-28 13:34:29, 836 views

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